Filippo Maria Caggiani
Giornalista musicale

Dunque avete deciso di voler vivere in mezzo alla musica dalla mattina alla sera scrivendo di musica? Se davvero avete il sacro fuoco del giornalismo musicale nelle vostre vene… beh, auguri! La professione del giornalista (e in particolar modo del giornalista musicale) non è certo nota per dare grandi soddisfazioni economiche, anzi. L’indubbio fascino che questa esercita induce molti aspiranti giornalisti a lavorare gratis – o quasi gratis – e quindi il mercato del lavoro in questo settore è saturo: un editore che dovesse scegliere un giornalista per la sua pubblicazione avrebbe a disposizione schiere di persone disposte a lavorare gratis pur di vedere la loro firma pubblicata in calce al loro articolo. Ne consegue che, potendo scegliere tra un giornalista disposto a scrivere gratis ed uno che chiede un compenso, l’editore opterà quasi sempre per il primo (a meno che il giornalista non sia una firma nota per cui valga pagare un prezzo).

Se queste parole non vi hanno minimamente turbato e il vil denaro non è la ragione per cui volete intraprendere questa carriera, complimenti! Siete sulla buona strada per la disocc… ehm… diventare degli ottimi giornalisti musicali.

LA FORMAZIONE

Qual è dunque il primo passo da fare per diventare un giornalista musicale? Beh, quantomeno dovete capire qualcosa di musica. Anzi: più ne sapete e meglio è. Come riuscire a farsi una cultura musicale? Se la musica è la vostra passione e la vostra principale ragione di vita, molto probabilmente avrete già una buona collezione di dischi (vinili, cd o – ma non fatelo sapere troppo in giro – mp3) e sarete assidui frequentatori di concerti. Quello è proprio il minimo sindacale. A questo dovrete aggiungere un po’ di studi. Fatelo un po’ come vi pare: potete leggere valanghe di riviste specializzate, libri di argomento musicale o – se proprio volete fare le cose per bene – potete iscrivervi al DAMS come ho fatto io e passare un po’ di anni lì. L’importante è acquisire una conoscenza che sia la più ampia possibile sull’argomento musicale. Potete anche iscrivervi a veri e propri corsi di musica (come il conservatorio) per imparare a suonare uno strumento, ma fate attenzione: ricordatevi sempre che se lo scopo è quello di diventare un giornalista musicale (e non un musicista) le competenze che vi serviranno non saranno tanto di tipo puramente tecnico, quanto metodologico. Insomma, per quanto sia importante conoscere anche gli aspetti di teoria e di pratica della musica, vi servirà più conoscere la storia della musica (di qualsiasi musica pensiate di occuparvi) che saper suonare decine di scale in tutte le tonalità.

Sempre riguardo alla formazione, considerate la possibilità di avere una visione quanto più ampia possibile della musica. Fossilizzarsi su un solo genere musicale, per quanto esperti si possa essere, a mio parere non va bene: penso che sia troppo limitante per chi voglia definirsi un giornalista musicale. Più vasta è la vostra cultura in campo musicale (e non solo musicale, chiaramente), e più sarete in grado di cogliere aspetti della musica che ad altri non sono così evidenti, creando magari dei collegamenti con idee e concetti estranei al genere musicale di cui vi occupate principalmente.

Assodata la preparazione musicale, c’è anche un’altra questione da tenere in conto: la scrittura vera e propria. Non è raro, infatti, imbattersi in articoli che sembrano scritti tutt’altro che da professionisti della scrittura. Qui c’è poco da fare: o si sa scrivere o non si sa scrivere, e non è una cosa che si impara in pochi mesi. Se non si sa come mettere insieme un soggetto, un predicato e un complemento è meglio lasciare stare. Saper scrivere bene dipende da vari fattori, primi fra tutti l’educazione ricevuta sin da piccoli e la propensione alla lettura. In ogni caso, si tratta di un processo di apprendimento molto lungo. Lo stile e la metodologia di scrittura, però, si possono migliorare. In particolare, ci sono alcune regole su come scrivere un articolo giornalistico da cui non si può prescindere. Anche qui, come per la formazione musicale, ci sono diversi livelli: ci si può fare un’idea veloce leggendo qualcosa al volo, si possono frequentare corsi specializzati di durata abbastanza breve (come i corsi di JazzIt che ho seguito io più di una volta, che hanno il pregio di essere focalizzati proprio sul giornalismo e sulla critica musicale), oppure ci si può iscrivere ad una delle scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine dei Giornalisti che garantiscono i mesi di praticantato necessari a sostenere l’esame per diventare giornalisti professionisti. Parlando di Ordine dei Giornalisti, non si può fare a meno di parlare di una seconda possibilità, ovvero quella di diventare giornalisti pubblicisti (che non svolgono l’attività a tempo pieno) pubblicando regolarmente un certo numero di articoli per un periodo di due anni consecutivi, e potendo dimostrare di essere stati regolarmente retribuiti. Per chi volesse iscriversi all’Ordine dei Giornalisti la seconda strada è sicuramente la più praticabile, nonostante sia comunque difficile trovare una testata disposta a pagare (pur se poco) un giornalista che aspiri iscriversi all’Ordine. Per quanto mi riguarda, ho avuto la fortuna di fare la gavetta presso La Gazzetta del Mezzogiorno, nella redazione di Matera, ma non c’è stato nulla al di là della possibilità di ottenere il tesserino da giornalista pubblicista.

LA GAVETTA E L’ESPERIENZA SUL CAMPO

Se siete sopravvissuti a tutto questo e avete ancora voglia di diventare dei giornalisti musicali, sappiate che il bello deve ancora arrivare. Quel che conta veramente – un po’ come in tutti i campi, del resto – non è tanto quello che avete imparato, quanto quello che sapete fare. E qui entra in ballo la gavetta, ovvero quel periodo più o meno lungo in cui ci si sporca le mani con la pratica, facendo degli errori, correggendosi di volta in volta, e cercando di perfezionare sempre più le proprie tecniche. Ovviamente, tanto migliore sarà stata la formazione, e tanto più ne gioverà la pratica, quindi bando alle timidezze: dopo tanta preparazione è il momento di proporsi alle redazioni!

Il mio suggerimento è di partire veramente dal basso, senza troppe pretese. Ci sono un mucchio di giornalini a distribuzione locale (giornalini di quartiere, scolastici o di parrocchia) che hanno bisogno di giornalisti, e se vi proponete senza avere nulla a pretendere saranno ben felici di avere una mano. Per voi sarà la prima occasione per proporvi come giornalisti per conto di un giornale che, per quanto piccolo possa essere, avrà comunque un suo seguito di lettori e voi rappresentereste dunque l’inviato da quel giornale per un determinato evento. Pur se si tratta di lavorare gratis, avrete per la prima volta la possibilità di assaporare un privilegio da giornalista musicale: quello di avere l’ingresso gratuito per l’evento qualora questo sia a pagamento (previo accordo con l’organizzazione, ovviamente) e la possibilità di fare quattro chiacchiere con l’artista o gli artisti di turno, per un’intervista che può dare maggior valore al vostro articolo. In queste vostre prime escursioni da giornalista inviato dal giornale X vi renderete conto di come gli organizzatori del concerto di solito siamo molto benevoli nei confronti dei giornalisti, perché ovviamente vogliono che voi scriviate un’ottima recensione. Attenzione a non farsi “fregare”: non bisogna mai dimenticarsi che voi siete lì per i lettori, e non per fare pubblicità agli organizzatori del concerto o all’artista, che se possono faranno di tutto per adularvi. Ma questo, magari, potrà essere argomento per un altro articolo.

Una volta che vi sarete impratichiti con interviste, scrittura degli articoli, rispetto delle scadenze e rapporti con artisti e direttori artistici, comincerete ad avere un’idea un po’ più chiara dell’ambiente, e magari comincerete a fare anche un po’ di conoscenze – che non fanno mai male, soprattutto in questo settore. Man mano potrete inviare esempi dei vostri articoli ad altre redazioni un po’ più importanti, e proporre idee per nuovi articoli sperando che vi prendano per una collaborazione. Questo è generalmente il momento in cui si cerca una redazione che vi accetti per farvi diventare giornalista pubblicista. Se siete fortunati e ne troverete una, comunque, non fatevi troppe illusioni: una volta ottenuto il sospirato tesserino potrete fregiarvi “ufficialmente” del titolo di giornalista, ma a quel punto dovrete pagare una quota annuale all’Ordine dei Giornalisti mentre siete ancora in una situazione di assoluta precarietà (nella migliore delle ipotesi). A questo punto occorre puntare a qualcosa in più: fatta la gavetta, occorre puntare a un lavoro “serio” o quantomeno a delle collaborazioni retribuite decentemente.

LA RICERCA DEL LAVORO

Qui comincia la parte scabrosa dell’attività di giornalista musicale, nel senso che trovare qualcuno disposto a pagare per un articolo scritto da uno che molto probabilmente non è ancora una grande firma è veramente un’impresa. Qui si torna al discorso fatto all’inizio, che è duro da accettare ma è rispondente alla realtà. A questo punto, se avete fatto delle conoscenze, mettetele a frutto. Può darsi che con un po’ di fortuna esca fuori qualcosa ma, realisticamente, non è il caso di farsi troppe illusioni. L’invio di articoli e proposte di collaborazioni può portare ad ottenere anche qualche lavoro retribuito, ma in genere non si tratta di qualcosa che può permettere di arrivare a fine mese. Ad ogni modo, date un’occhiata agli annunci di lavoro per giornalisti, non si sa mai che troviate qualcosa di interessante. In bocca al lupo!

UN BLOG, INVECE DI TANTE COLLABORAZIONI

C’è però un’altra possibilità di cui finora non ho parlato, e che ho lasciato per ultima proprio perché forse è la strada migliore sulla quale lavorare. Sto parlando della possibilità di scrivere per un proprio blog o sito personale. Questa è la strada che personalmente ho imboccato da diverso tempo.

Fermo restando il punto davvero fondamentale della formazione, si potrebbe pensare che scrivere su un blog sia una gavetta sufficiente e che tutto sommato si possa fare a meno di fare la trafila delle piccole testate giornalistiche. Non è così. Per quanto il blog offra il contatto diretto con i lettori attraverso i commenti, credo che l’esperienza di avere un caporedattore che dia indicazioni e suggerimenti sia ancora fondamentale. Il contatto con chi ha più anni di giornalismo alle spalle, insomma, non si può sostituire, e il confronto con il giornalismo più tradizionale non può che fare bene anche a chi poi dovesse sviluppare la propria attività prevalentemente o esclusivamente sul web.

Detto questo, è però un dato di fatto che il giornalismo oggi si stia spostando in modo determinante su internet. Essere giornalisti oggi non significa solo saper scrivere bene, ma anche essere a proprio agio davanti ad una telecamera, saper realizzare un montaggio video, avere delle conoscenze di html e ovviamente sapere come usare bene i social media. Per aprire un blog basta solo iscriversi ad una piattaforma di blogging come WordPress.com, Blogger o Tumblr, oppure – per chi ha un po’ più di pratica con il web – acquistare un dominio ed installare la propria piattaforma di blog preferita (come WordPress.org, Drupal o Movable Type).

Chi volesse aprire un blog musicale qui su Parole di musica, può farlo semplicemente scrivendomi.

Se decidete di aprire il vostro blog (cosa che ogni giornalista dovrebbe fare, a mio parere), accertatevi di identificare bene l’argomento di cui volete scrivere. Se avete deciso di scrivere di musica, evitate magari di pubblicare un articolo sul vostro cane con tanto di foto (che per quanto possano essere bellissime, poco interesseranno ai vostri lettori che – si suppone – siano invece interessati alla musica). E poi, chiaramente: quale tipo di musica? Jazz, rock, pop, classica, black metal, canti tirolesi, tutte queste cose insieme? Decidetelo, e rimanete fedeli alla vostra linea editoriale.

Portando il discorso un po’ più in là, si potrebbe pensare alla possibilità di lasciare man mano le collaborazioni con pubblicazioni varie per dedicarsi interamente ed esclusivamente al blog. Perché far guadagnare un editore con il vostro lavoro, quando in cambio non viene riconosciuto alcun corrispettivo economico? Dovendo in ogni caso scrivere gratis o quasi gratis, tanto vale metterci la faccia. Invece di scrivere articoli e realizzare interviste per conto di qualcun altro, con la propria personalità che viene messa in secondo piano rispetto al nome della testata giornalistica con la quale si collabora, può valere la pena essere completamente indipendenti e assumersi la piena responsabilità del proprio lavoro. Il blog permette di avere una visibilità che nessun altro mezzo può fornire, essendo interamente focalizzato sulla personalità del suo autore. Scrivere un articolo per un settimanale, supponiamo, o realizzare un reportage per un canale televisivo, sono esperienze che mettono il giornalista al servizio del settimanale o del canale TV: si tratta di realizzare uno solo dei contenuti che quella testata offre, in mezzo a tanti altri che, nel complesso, ne formano l’identità. Attraverso i vari articoli e materiali multimediali che possono comporre un blog, invece, l’autore ha la possibilità di mostrare tutto il suo lavoro proponendo il suo marchio personale (anziché lavorare per un marchio identificabile nella testata giornalistica con cui collabora) e imponendosi – se è bravo – come punto di riferimento di una determinata nicchia di argomenti.

Ovviamente, occorre trovare una propria voce. Non ha senso fare le stesse cose che fanno gli altri, come riportare le stesse notizie che si trovano anche altrove e che sono vecchie dopo un giorno, ma bisogna cercare di offrire al lettore qualcosa che altrove non trova. Nel campo musicale si possono ad esempio cercare di avvicinare gli artisti per ottenere delle interviste, e pubblicarle direttamente sul blog anziché offrirle a un giornale (gratis per gratis, non c’è nulla da perdere). Oppure, si possono scrivere articoli di approfondimento che offrano una risposta a una domanda specifica, come quello che state leggendo in questo momento, che ha cercato di spiegare come diventare un giornalista musicale. A un certo punto, quando attraverso il blog ci si sarà fatti conoscere, magari l’editore di cui si diceva all’inizio di questo articolo potrebbe pensare di pagare una firma nota, un personaggio che nell’ambiente musicale gode di un indiscusso prestigio: e a quel punto verrà da voi, chiedendovi quanto volete.

CONCLUSIONE

Da quanto detto finora, si sarà capito che il fascino maledetto del mestiere di giornalista musicale porta diverse persone su una strada che sarà costellata sì di gloria, ma anche di fame nera. Insomma, essere un giornalista musicale e riuscire a camparci sono due cose diverse, e raramente vanno a braccetto. Io, nonostante tutto, ci sto ancora provando. E voi, state cercando di farvi largo in questo settore? Ci siete riusciti? Fatemelo sapere lasciando un commento qui sotto.

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