Se alla odierna crisi del giornalismo si aggiunge anche quella del mercato musicale, si potrà ben intuire come chi cerchi di diventare un giornalista musicale oggi si trovi un po’ nella stessa posizione di Don Chisciotte nella lotta contro i mulini a vento. Una follia.

Eppure c’è chi – come il sottoscritto – non abbandona il campo di battaglia e continua a galoppare instancabilmente verso il successivo mulino, già pronto all’inevitabile volo in aria che lo attende. La cosa positiva, quantomeno, è che con una lunga esperienza di cadute si impara anche a cadere e a rialzarsi. Nel dubbio di essere in preda ad una follia individuale, quest’anno sono andato al Festival Internazionale del Giornalismo, a Perugia, dove ho verificato di essere in buona compagnia. Insomma, quella di voler raccontare storie è una (buona) follia collettiva, in cui ognuno però deve fare i propri conti con un mercato in grande cambiamento.

Ormai non è più un segreto per nessuno: i giornali sono in crisi. Le vendite diminuiscono e gli investitori pubblicitari preferiscono spostarsi sul web. Cosa dovrebbe fare dunque un giornalista in cerca di lavoro, nella situazione attuale? In cerca di una risposta a questa domanda, ho trovato un interessante documento che vorrei condividere con voi. Una risposta alla suddetta domanda ha cercato di darla il giornalista britannico David Randall, nel corso di un suo workshop all’ultima edizione del festival Internazionale a Ferrara, nell’ottobre del 2013. Seppur con un po’ di ritardo, vi segnalo questi interessanti appunti visivi che sintetizzano in immagini i contenuti del workshop, realizzati da Claudio Francescato e Silvia Robertelli per lo studio Housatonic Design Network.

David Randall sostiene che a fronte delle difficoltà che esistono per inserirsi nel mondo del lavoro giornalistico, il miglior modo per promuoversi come giornalista è quello di avere entusiasmo e di fornire storie veramente buone, piuttosto che inviare curriculum. La cosa buona dei blog è che chiunque può aprirne uno, ma allo stesso tempo questo è anche un fattore negativo. Occorre dunque differenziarsi, e proporre storie più approfondite attraverso un mezzo che pur essendo tecnicamente alla portata di tutti, non lo è nella mole di lavoro che richiede per la sua realizzazione: l’ebook. Nella sua ideazione, bisogna pensare a quale tipo di pubblico ci si vuole rivolgere e in che modo lo si vuole raggiungere. Per ottenere dei buoni risultati, bisogna pensare ad una copertina semplice e funzionale e ad una strategia promozionale che funzioni bene online, includendo un sito internet, l’uso dei social media e delle comunità di discussione, senza dimenticarsi di fare in modo di ottenere recensioni positive che abbiano effetto sulle classifiche di posizionamento di Amazon. Quando è previsto l’uso di numerose illustrazioni (come nel caso di pubblicazioni per bambini) si può pensare invece alla produzione di una applicazione per iPad/tablet, che è molto più versatile in termini di interazione. Il giornalismo ha a che fare con la vita, e con l’ascolto di storie raccolte dalle persone con cui si ha a che fare. Il dettaglio è l’ingrediente segreto per raccontare buone storie, e l’analisi e la comprensione dei fatti ne sono alla base. Chi vuole fare il giornalista, conclude Randall, dovrebbe analizzare i migliori articoli per capirne i meccanismi che li fanno funzionare bene, e non dimenticare mai che un giornalista ha il compito fondamentale di raccontare una storia. Anche nel caso in cui (ma questo lo aggiungo io) si tratti di lottare contro i mulini a vento.

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