Filippo Maria Caggiani
Giornalista musicale

Quando ero adolescente compravo regolarmente diverse riviste musicali: all’epoca non c’era internet e le uniche fonti di informazione sui miei artisti preferiti erano le riviste specializzate, i quotidiani, la radio e la televisione. Per avere un panorama quanto più completo di ciò che accadeva in ambito musicale, le riviste erano ovviamente la migliore fonte a cui attingere. Certo, c’erano i quotidiani che avevano notizie più “fresche”, ma di contro dedicavano solo una o due pagine all’argomento (comunque sempre meglio dei quotidiani di oggi, in cui anche quelle poche pagine sono purtroppo sparite). Quindi, al di là dell’informazione generalista di radio e TV, e di quella a piccole dosi dei quotidiani, le riviste musicali erano il vero punto di riferimento per gli appassionati di musica.

Oggi non è più così. Oggi c’è internet. Qualsiasi informazione è disponibile online: dalle news freschissime alle discografie e biografie dei musicisti, fino alla possibilità di poter ascoltare immediatamente la musica di una qualsiasi band che abbia lasciato tracce online. Non importa che si possa trattare di un gruppo electro-indie-alternative del Kazakistan: se la musica è su internet, è a portata di clic. Anni fa questa poteva essere solo fantascienza. Ora è assolutamente normale, al punto che se io oggi come giornalista musicale devo scrivere un articolo su un qualsiasi artista (famoso o meno) mi posso informare in un attimo. Addirittura, se non trovo le informazioni che mi possono essere utili (un minimo di biografia, e qualche brano da ascoltare), un po’ mi indispettisco.

Le riviste musicali hanno perso dunque il loro ruolo di una volta: quello di essere la principale fonte di informazione. Come naturale conseguenza, le vendite nel settore sono calate al punto che diverse testate giornalistiche sono state costrette ad interrompere la distribuzione cartacea per spostarsi interamente online (quando non sono chiuse del tutto). Di questa crisi delle riviste musicali parla un interessante articolo pubblicato da LSDI (Libertà di Stampa Diritto all’Informazione) che trovate qua sotto:

In crisi anche le riviste musicali, ma se molte si rifugiano sul web c’è anche quella che dall’online sbarca sulla carta

L’articolo è interessante perché interroga i direttori di alcune delle principali riviste italiane di musica riguardo a questa crisi, e le risposte sono varie. Michele Lupi, direttore di Rolling Stone, fa notare come la situazione per la sua rivista sia strana, poiché nonostante le vendite vadano bene, la raccolta pubblicitaria è drammatica. Lupi non perde l’occasione per rimarcare la mancanza di autorevolezza dei blog, al pari di Stefano I. Bianchi, direttore di Blow Up, il quale oltre ad essere molto critico nei confronti dell’informazione su internet, si dice convinto che le riviste su carta stampata non scompariranno mai. Luciano Vanni, direttore di JazzIt, è invece più cauto con i giudizi, e al contrario dei colleghi pensa che la qualità si possa trovare anche sui blog. Vanni, che è anche editore di JazzIt, porta avanti da tempo un discorso più ampio di militanza e di contatto forte con i lettori e gli operatori del settore che si basa non solo sulla rivista, ma anche su seminari di formazione e organizzazione di eventi. Infine, Rossano Lo Mele, direttore di Rumore, mette in evidenza come gli investimenti in pubblicità si stiano spostando dalla carta stampata a internet, rimanendo comunque fiducioso sul futuro della prima.

L’articolo, qui sommariamente riassunto, è molto interessante e merita una lettura completa per via degli spunti di riflessione che offre. Personalmente, ritengo che si possa fare buon giornalismo anche con un semplice blog. Certo, se il blog è gestito da una sola persona viene a mancare la verifica di un direttore responsabile o di un altro redattore che faccia le eventuali modifiche e dia l’ok finale, ma penso che se la preparazione di base è buona si possa fare un buon lavoro anche senza questa figura di controllo. Per quello che riguarda la mia opinione non ho certo l’autorità di un direttore responsabile: sono un semplice giornalista che è passato dalle collaborazioni con varie testate giornalistiche cartacee alla gestione indipendente di un blog musicale (proprio questo che state leggendo, già!). Vorrei comunque dire la mia in proposito. In un altro articolo pubblicato su questo blog (Come diventare un giornalista musicale) rimarcavo l’importanza della preparazione, ovvero degli studi sia in ambito musicale che prettamente giornalistico. Penso che qualsiasi discorso sulla qualità tocchi necessariamente quello riguardante la formazione. Un giornalista preparato sarà capace di produrre un buon articolo per la carta stampata o per il suo blog, indifferentemente. Quello che cambia, piuttosto, è il modo di fruizione degli articoli. Comprando una rivista si sa a priori che esiste già una selezione qualitativa del materiale, e che c’è anche una linea editoriale che caratterizza lo stile proprio della testata e degli articoli in essa contenuti. Con i blog non è così: le informazioni sono eterogenee e bisogna andarsele a cercare una per una. Occorre una lunga ricerca per trovare un blog con una voce veramente personale, e anche quando lo si trova non si può contare sulla periodicità di una testata giornalistica. Nel blog gestito da una singola persona gli articoli vengono generalmente pubblicati “quando c’è tempo e voglia”. Penso però che la vivacità e soprattutto la capacità di creare discussioni dei blog sia ciò che oggi manca alle riviste cartacee. In un mondo sempre più veloce e iperconnesso, le pubblicazioni cartacee appaiono per forza di cose più lente.

Pur essendo un sostenitore dell’informazione online, riconosco comunque il fascino della carta e la soddisfazione che dà la lettura di un articolo scritto bene e corredato di belle fotografie, magari a pagina intera. Come il libro rispetto all’ebook, come il vinile rispetto alla musica digitale, le riviste cartacee esercitano ancora oggi un’attrazione impareggiabile, e spero dunque che non muoiano. Anche se in quantità inferiore rispetto al passato, continuo a comprare in edicola le mie riviste preferite. E conservo ancora gelosamente tutte quelle della mia adolescenza, che mi hanno cresciuto.

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