Inauguro oggi una serie di interviste a blogger e giornalisti musicali che scrivono su un proprio blog, da soli o in collaborazione con altri co-autori. Lo scopo è quello di provare a tracciare un panorama (per forza di cose parziale e limitato) del giornalismo musicale italiano su internet, o quantomeno del fenomeno dei blog che si occupano di musica. Le domande che farò di volta in volta ai miei interlocutori saranno sempre le stesse, per evidenziare punti di vista che possono essere anche radicalmente diversi e cercare di fare il punto della situazione una volta raccolto un ampio numero di testimonianze.

La prima intervista è quella a Bruno Conti, che scrive sul suo blog Discoclub: passione musica.

Quando hai pubblicato il primo post sul tuo blog, e perché hai deciso di aprirne uno?

«Il primo post sul Blog, a parte uno di prova nella primavera del 2009, è stato pubblicato ai primi di novembre del 2009. Più che aprirlo di mia sponte, perché era lungi da me l’idea, sono stato contattato dai responsabili della musica di quello che allora era il portale di Virgilio, in quanto avevano letto quello che scrivevo sul Buscadero e gli piaceva anche il mio stile di scrittura, e volevano inserire un Blog “più professionale” ed informato rispetto a quello che passava il portale all’epoca (e pure oggi). E quindi il Blog a livello grafico era stato impostato dai loro tecnici. Quando poi la crisi ha iniziato a mordere in modo più consistente, il contratto di collaborazione è stato rescisso e come “regalo” mi hanno lasciato il Blog per uso personale, mentre prima era di loro pertinenza».

Qual è la tua linea editoriale, e di cosa ti occupi esattamente?

«La risposta alla seconda domanda è conseguenza della prima: quando ho avuto ancora più libertà di pubblicare quello che volevo mi sono orientato verso una linea editoriale indirizzata sulla falsariga delle riviste specializzate di settore: quindi recensioni, anticipazioni sulle uscite, monografie di tanto in tanto sugli artisti che reputo più validi ed interessanti, molte news anche sui nomi poco noti (i cosiddetti “carbonari” o beautiful losers della musica), quelli di cui non parla nessuno, anche perché nel 90% (per essere magnanimi) dei Blog e dei siti manco sanno chi sono. Senza dimenticare i nomi più noti, con recensioni puntuali ed approfondite, grazie all’esperienza acquisita in varie decadi di frequentazione in questo campo. Il nome del Blog viene da Disco Club, un negozio storico nel centro di Milano, e oltre alla collaborazione pluridecennale con il Buscadero, ho lavorato anche per una ventina di anni in una radio».

Come immagini il lettore tipo del tuo blog?

«Anche in questo caso la risposta è collegata con la precedente: appassionati, ma anche neofiti, che vogliono essere informati sulle uscite discografiche e non vogliono leggersi i classici copia e incolla dei comunicati stampa delle case discografiche, che impazzano in rete, ma tutto materiale “originale”, farina del mio sacco, basato su veri ascolti dei dischi, spesso anche in anteprima e utilizzando tutte quelle conoscenze acquisite nel corso degli anni. Non necessariamente indirizzato ai lettori della rivista cartacea dove scrivo, ma anche ad altri appassionati, magari pure ex lettori, o gente che “inciampa” nei miei post casualmente e rimane interessata ai futuri sviluppi».

In che modo scegli gli argomenti di cui scrivi?

«Parlo assolutamente di tutto, legato all’attualità delle uscite, recensioni di concerti, “ricordi” di personaggi scomparsi, spesso decisi all’impronta, nel momento in cui mi siedo per scrivere di fronte alla tastiera del PC, magari all’ultimo momento cambio l’argomento previsto, cercando di pescare anche da una sorta di riserva di post che tengo in archivo, magari per anteprime a lunga gittata o ristampe particolarmente sfiziose, di cui ho una sorta di bozza che completo in corso d’opera».

Quali sono stati i tuoi post di maggior successo?

«I post precisi non li ricordo, perché quando il Blog è passato sulla piattaforma di WordPress una parte delle statistiche dei singoli articoli, giorno per giorno, è andata persa, comunque andando a memoria, direi quando l’argomento veste sui nomi classici: Beatles, Stones, Springsteen, Tom Petty, Van Morrison, Eagles, Neil Young, Hendrix, Led Zeppelin, giro Richard Thompson/Sandy Denny/Fairport oppure qualche nome “nuovo” anche italiano, ma che canta in inglese, particolarmente valido. Ma pure gente tipo Old Crow Medicine Show, Avett Brothers, Fleet Foxes, Mumford and Sons, Decemberists, Jonathan Wilson, i classici del country-rock e della West Coast e tanto blues e blues-rock, in questo caso Bonamassa “tira” parecchio».

Con che frequenza pubblichi? Hai dei collaboratori (sia regolari che occasionali) oppure fai tutto da solo?

«I Post sono giornalieri, ogni tanto anche più di uno al giorno. Ho due collaboratori fissi, Tino Montanari e Marco Verdi, ogni tanto convinco qualche musicista, tipo Jimmy Ragazzon dei Mandolin’ Brothers e Ed Abbiati dei Lowlands, a scrivere qualcosa».

Riesci a guadagnare qualcosa? Ti interessano le tecniche di marketing/SEO, oppure ti concentri solo sui contenuti?

«Nel primo periodo pre-crisi avevo, come detto, un contratto di collaborazione pagato, poi recuperavo qualcosa con la pubblicità tramite Google Adsense e Virgilio Banner, ma nel passaggio all’ultima piattaforma l’advertising è stato eliminato, quindi navigo a vista, in attesa di tempi migliori e basandomi sui contenuti».

Frank Zappa diceva che scrivere di musica è come ballare di architettura. Che ne pensi? È davvero una cosa così folle? Se sì, perché lo fai?

«Premesso che la frase, anche se bella, non è di Zappa, ma a lui attribuita secondo leggende metropolitane, e anche, di volta in volta, a vari personaggi, tra cui Steve Martin, e da ultimo Elvis Costello, ma pare essere di un comico ed autore americano minore, tale Martin Mull. Come altre frase celebri storiche attribuite a Voltaire, Galileo, persino Gesù, e mille altri, ma di non loro pertinenza; Zappa, oltre ad averci lasciato canzoni dai titoli spettacolari, come Harder Than Your Husband, Titties And Beer, The Torture Never Stops, The Illinois Enema Bandit, Tengo ‘na Minchia Tanta (!) e altre indimenticabili, ha detto, questo sì, in una intervista rilasciata a Ben Watson di Mojo, poco prima di morire: “Buona parte del giornalismo rock è gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere”. E questo lo approvo in toto, perché è vero, ce n’è per giornalisti, musicisti e lettori, per tutti. E qundi, in risposta a perché lo faccio, scrivo di musica, pur non sapendo farlo, sperando che qualcuno, che non capisce di cosa sto scrivendo e parlando, quantomeno lo legga e si diverta. Usando anche un po’ di ironia e sdrammatizzando la cosiddetta critica rock italiota, che spesso si prende troppo sul serio, credendosi, di volta in volta, Lester Bangs, Greil Marcus, Ian MacDonald e trinciando giudizi solo per il gusto del sensazionalismo, a volte (quasi sempre) non sapendo di quasi nulla di ciò di cui parla e del pregresso che c’è alle spalle. Almeno quello spero di saperlo fare».

Con la possibilità che chiunque oggi ha di ascoltare musica a portata di clic, che ruolo spetta a chi scrive di musica?

«Penso di averlo detto nel paragrafo precedente, comunque, in una parola, informare. Ma anche intrattenere, distrarre, divertire, aggiungete il verbo che vi piace di più».

Come vedi il panorama dei blog musicali italiani? Ne hai alcuni tra i preferiti?

«”Sbircio” qui e là ogni tanto, ma non avendone il tempo, sono più che altro, per rimanere in tema musicale, toccate e fughe. Leggo ancora, faticosamente, essendo in arretrato di alcuni mesi, riviste cartacee come Mojo e Uncut, e qualche sito o Forum americano dove trovo notizie interessanti da verificare e divulgare».

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